27-03-2006
Este, es un foro en castellano, pero creo que se puede entender bien este correo en italiano.
Gerardo Giacummo
Il titolo riporta le parole che i soldati del 7° bersaglieri scrissero sulla lapide della fotografia a lato: è vero, mancò la fortuna, non quella spicciola ma quella maiuscola, erano giunti a soli 111 km da Alessandria d’Egitto e il successo sembrava a portata di mano.
Vorrei soffermarmi un momento su questo antefatto della battaglia.
Ad El Alamein erano giunti pochi uomini e pochissimi mezzi, meno di 5000 uomini con soli 18 carri e pochissimo altro armamento, la rapida avanzata lungo la costa aveva lasciato indietro molti uomini con un relativo equipaggiamento sia per presidiare i punti più sensibili della retrovie sulla costa, Sidi El Barrani, Marsa Matruck, Fuka, che divennero luoghi di approvvigionamento diretto dal mare, sia per presidiare ampi tratti della distesa desertica verso l’interno, con capisaldi isolati in pieno deserto per contrastare le eventuali e pericolosissime incursioni del Long Range Desert Group e dello Special Air Service,. A queste depauperazioni necessarie dell’armata italo-tedesca, si aggiungevano le perdite dovute ai combattimenti e all’usura del materiale, le distanze che avevano avvicinato il fronte ad Alessandria erano diventate enormi: 2000 km dalle basi di partenza erano davvero tanti e le condizioni delle piste non favorivano certo spostamenti rapidi.
E ritorniamo alla fortuna che mancò. L’offensiva di Rommel,iniziata il 26 maggio con l’aggiramento dell’incompleto campo trincerato britannico formato dal quadrilatero che univa Ain el Gazala, Bir Hacheim, Bir el Gobi e Tobruch, era partita con forze inferiori a quelle del nemico, solo nel settore aeronautico era presente una relativa supremazia, Rommel attaccò e all’inizio sembrò che avesse sbagliato i calcoli: la mancanza di carburante e di acqua minacciò di immobilizzare in piena azione i reparti attaccanti, poi la mancanza di improvvisazione e la lentezza britannica nel reagire permisero il colpo da maestro che fu la conquista del caposaldo principale, Tobruch.
Ognuno è costruttore della propria fortuna, ma senza mezzi e rifornimenti rapidi un’armata non ha libertà di movimento e di azione, la penuria di benzina durante un combattimento di carri può portare al loro immobilizzo e alla conseguente distruzione: se pensiamo che il carburante arrivava in Italia o in Grecia dalla Romania, veniva caricato sulle navi, quando le navi non erano affondate durante la traversata verso la Libia, veniva scaricato a Tripoli e poi raggiungeva via terra le truppe al fronte si può capire che un litro di benzina viaggiava per più di un mese prima di essere consumato!
Che dire poi del resto dell’equipaggiamento e delle armi? Se i tedeschi potevano permettersi qualche carro come il MarkIII speciale o il MarkIV all’altezza dei Grant o degli Stuart inglesi, cosa potevano fare gli italianissimi M13/40 e M14/41? Appena migliore era la situazione nel campo delle artiglierie e in campo aeronautico.
Questa, a ben guardare, è la base della Fortuna che mancò ai soldati giunti ad El Alamein il 1° luglio 1942. Immediatamente Rommel lancia un attacco per sfondare quelle che ancora erano linee non consolidate: la 90° divisione tedesca tenta l’aggiramento del perimetro di El Alamein difeso dalla 3° brigata sudafricana, il DAK attacca in direzione di Deir el Abyad e poi verso Deir el Shein, ma fra il 2 e il 4 luglio è respinto due volte sul ciglione del Ruweisat, i combattimenti sono continui ma la resistenza inglese è forte e i suoi contrattacchi micidiali.
Nel giro di pochi giorni l’armata italo-tedesca si scagliona verso l’interno fino a raggiungere la depressione di El Qattara il 9 luglio. La battaglia di arresto condotta dai britannici ha avuto pieno successo, il sogno di Rommel di raggiungere Alessandria e il Nilo e più in là, in Medio Oriente, congiungersi alle armate tedesche scendenti dalla Russia attraverso il Caucaso, era rinviato a data da destinarsi..
I mesi passano fra continue battaglie e scaramucce, lo schieramento italo-tedesco lontanissimo dalle sue basi logistiche riceve rifornimenti con il contagocce, mentre quello britannico, a poca distanza dai porti di Alessandria e del canale di Suez, costituiva nuove unità e rafforzava quelle che avevano fatto la ritirata dalla Cirenaica e che avevano ormai maturato una vasta esperienza nella guerra del deserto.
Il 30 agosto Rommel sferra un nuovo attacco in direzione di Alam el Halfa, avanza con difficoltà fra i campi minati e sotto gli attacchi continui della Raf, viene a mancare il carburante, in mare è stata affondata una petroliera diretta a Tobruch, la Pozarica, il 2 settembre l’attacco è sospeso, non si può marciare con i serbatoi asciutti.
E’ il primo successo del nuovo comandante inglese, il generale Bernard Law Montgomery, subentrato il 15 al generale Auchinlek che era riuscito a fermare prima e imbrigliare poi gli attacchi italo-tedeschi. Questa sostituzione era stata voluta dal premier britannico Churchill, le cui vedute politiche poco si accordavano con le azioni militari: Churchill voleva che Auchinleh distruggesse l’armata avversaria per facilitare lo sbarco anglo-americano, ormai preventivato, nell’Africa Settentrionale, nei possedimenti della Francia di Vichy sotto il dominio tedesco.
E si giunge al 23 ottobre, alle 20,45, ora italiana. Prima lungo il fronte tenuto dal XXX corpo inglese e poi in rapida successione lungo tutti i 48 km, dal mare alla depressione di El Qattara, le artiglierie inglesi cominciano a bombardare arando il deserto metro per metro, è una concentrazione di fuoco tale che in Africa non si è mai vista, sono più di 1000 i pezzi impegnati, la 1ma divisione corazzata inglese ha il compito di attraversare i campi minati e puntare al ciglione Kidney, poco più a sud la 10ma divisione corazzata deve attraversare il campo minato e dirigersi al ciglione El Mitelriya.
La giornata del 24 ottobre continua in una lotta di sgretolamento del dispositivo attaccato. I tedeschi non cedono, anzi la resistenza con il passare delle ore si è irrobustita, i corridoi nei campi di mine sono particolarmente presi di mira, si è quasi in una posizione di stallo quando Montgomery decide di spostare l’attacco al settore nord dello schieramento: la divisione australiana ha il compito di sfondare il fronte nel suo settore, il disegno finale è di impadronirsi della pista chiamata di Sidi Abd-el-Rahman. Questa manovra avrebbe comportato l’isolamento del settore costiero e la crisi per le linee di rifornimento italo-tedesche dirette a sud dello schieramento. Il 28 e 29 aspri combattimenti infuriarono fra gli australiani e gli avversari, ma il controllo della pista rimase in mani britanniche, ora è giunto il momento della spallata finale da parte di Montgomery, l’operazione “Supercharge” che viene scatenata nel punto di giunzione fra lo schieramento tedesco e quello italiano.
All’1 del mattino del 2 novembre viene sferrato l’attacco su un fronte di appena 3600 metri con un bombardamento di più di 300 bocche da fuoco, destinazione dell’attacco Tell el-Aqqaqir, di fronte c’è la 15ma panzer, è un convulso combattimento che si conclude solo il giorno successivo quando in un settore più a sud la 51ma Higland e la 4ta divisione indiana operano il loro sfondamento con un attacco improvviso.
Più a sud ancora si compie il sacrificio finale di una grande unità italiana, la divisione paracadutisti Folgore. Strana sorte per questa unità d’élite, addestrata ai lanci a Tarquinia, destinata a lanciarsi sull’isola di Malta e portata ad estinguersi nelle sabbie del deserto al limite della depressione di El Qattara. Impegnata fin dal primo giorno sulle modeste alture di Deir el Munassib, di Qaret el Himeimat e Nagh Rala, i suoi uomini respinsero ogni attacco nemico, uomini che avevano sognato di scendere dal cielo, gloriosamente vi salirono. Gli stessi avversari li citarono con ammirazione, da Radio Cairo “...in modo particolare la divisione Folgore, che ha resistito al di là di ogni possibile speranza” , “Dobbiamo inchinarci davanti ai resti di quelli che furono i leoni della Folgore...”, “Gli ultimi superstiti della Folgore sono stati raccolti esausti nel deserto. La Folgore è caduta con le armi in pugno”.
E che dire dell’ultimo messaggio radio della divisione corazzata Ariete? “Carri nemici fatta irruzione a sud dell’Ariete, con ciò Ariete accerchiata. Trovasi circa 5 km nord-ovest Bir el Abd. Carri Ariete combattono”.
La più grande battaglia in terra africana finisce con la ritirata delle superstiti truppe italo-tedesche, un cammino all’indietro che non avrà più soste fino a Tunisi e al 13 maggio 1943, quando finisce la guerra d'Africa e comincia la fine della colonizzazione. Quattro giorni dopo la fine della battaglia di El Alamein, l’8 novembre 1942 iniziano gli sbarchi anglo-americani sulle coste atlantiche del Marocco e su quelle mediterranee dell’Algeria.
Ricordiamo anche qualcuno degli uomini che questa battaglia l’hanno vissuta in prima persona, dal capitano parà Guido Visconti di Modrone morto qualche giorno prima del 23 ottobre, al tenente colonnello Izzo che sul Haret el Himeimat comanda con il grido risorgimentale “Savoia” una carica di 93 uomini armati di baionette, armi individuali e bombe a mano, all’attacco di tre battaglioni britannici e degaullisti. Ferito ad un ginocchio, resta in linea fino alla conclusione dell’azione.
L’attacco contro l’Himeimat ha coinvolto anche altre unità, cade il colonnello Ruspoli Marescotti e poco più a nord il tenente Costantino Ruspoli fratello del precedente, gli uomini della compagnia Cristofori attaccano i carri con ogni mezzo, con bottiglie incendiarie e bombe a mano fanno miracoli, sono solo 70 uomini ma riescono a bloccare l’avanzata dei tank dopo averne distrutto 22.
E riescono a fare anche numerosi prigionieri.
Il 29 ottobre, nel settore sud della linea di combattimento, il nemico non ha fatto nessun progresso, ma i combattimenti non cessano, durante un mitragliamento aereo un furiere, Biagioli, imbraccia una mitragliatrice Skoda e fa fuoco contro gli aerei, le pallottole rimbalzano sulle corazzature e in un attimo si conclude tutto, Biagioli è ucciso da un proiettile dirompente.
E poi l’apoteosi del massacro dal nord al sud del fronte: dal colonnello carrista Zappalà, a Ferruccio Dardi componente di un raggruppamento esplorante, al bersagliere Gavioli, al capitano Jachino della divisione corazzata Ariete, e scendendo al Sud i numerosi eroi della Folgore: Stassi, Starace, Brandi, Misserville, Ponzecchi, Gola, Simoni, Pirlone, Bandini, Cappelletto, Lustrissimi, Alberto Bechi Luserna, Giuseppe Izzo, tanti, troppi da ricordare non per averli conosciuti, ma per aver letto di loro, della loro gioventù, della loro schiettezza e semplicità, del loro coraggio e della loro capacità di immolarsi al servizio della patria.
P.D. Si alguien me lo traduce, por favor que me lo envie en un privado, y modificare el correo.
Dedicado a Graf, el sabe el porque. ;)